Consumare in loco alimenti sottratti all’interno di un supermercato omettendo di pagarli integra il reato di furto consumato e non tentato perché ciò determina la materiale impossibilità per la persona offesa di riottenere ciò che non gli è stato pagato

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Oggi tutti sappiamo, sulla scia di quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la celebre sentenza n. 52117 del 2014, che la mera condotta di sottrazione di merce dai banchi vendita di un supermercato, avvenuta sotto il costante controllo del personale di vigilanza, è qualificabile come furto tentato, allorché l’autore venga fermato dopo il superamento delle casse senza aver pagato la merce prelevata, non potendo considerarsi realizzata la sottrazione della cosa quando il possessore originario conserva una relazione col bene e può in ogni momento interrompere l’azione delittuosa.

Con tale sentenza le Sezioni Unite hanno composto un acceso contrasto interpretativo in ordine alla configurabilità del furto tentato o consumato quando la cosa mobile non sia uscita definitivamente dalla sfera di vigilanza del soggetto passivo.

Ciò premesso, le cose si complicano laddove l’aspirante ladro, anziché occultare la merce e tentare di oltrepassare indenne le casse, decida di consumare in loco gli alimenti o i beni sottratti.

È quello che è capitato ad un giovane, il quale, dopo aver prelevato alcune bevande ed alimenti dai banchi di un supermercato, ne consumava una parte, specificatamente alcune lattine di redbull ed una bottiglietta d’acqua, tentando di occultarne altri sul proprio corpo.

Giunto alle casse, l’uomo ometteva di pagare la merce consumata ed altresì quella occultata sul suo corpo, presentando soltanto altri generi alimentari contenuti nel carrello.

Superato lo sbarramento delle casse, interveniva l’addetto alla sicurezza, che aveva monitorato l’intera azione furtiva, il quale richiedeva poi l’intervento delle Forze dell’Ordine.

Poiché l’intera azione furtiva si era svolta sotto la vigilanza dell’addetto alla sicurezza, il PM incaricato, sulla scorta di quanto sancito dalla giurisprudenza di legittimità, formulava l’imputazione di tentato furto.

Il Tribunale di primo grado, tuttavia, discostandosi dalla ricostruzione effettuata dal PM, condannava l’imputato per il reato di furto consumato e non tentato, ritenendo che i generi alimentari, in quanto consumati, fossero oramai entrati nella piena ed effettiva disponibilità dell’agente, a nulla rilevando che l’intera azione furtiva si fosse svolta sotto il diretto controllo dell’addetto alla vigilanza.

In conclusione “il superamento delle casse senza pagare la merce, se in linea generale, come affermato dalla suddetta giurisprudenza, non può costituire un momento rilevante per ritenere il furto pienamente consumato, quando l’azione furtiva sia stata costantemente monitorata da un addetto alla sicurezza, lo diviene nel caso in cui la merce sia stata preventivamente consumata all’interno del supermercato, perché ciò determina la materiale impossibilità per la persona offesa di riottenere ciò che non gli è stato pagato (Tribunale di Como, sentenza 14 giugno 2017, n. 963).

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