Depenalizzazione del reato di ingiuria: cliente assolto perché il fatto non è previsto più dalla legge come reato
Offendere qualcuno non costituisce più reato, lo ha stabilito il D.lgs n. 7 del 15 gennaio 2016 che, all’art. 1, ha abrogato la disposizione contenuta nell’art. 594 c.p., volta a punire il comportamento lesivo del decoro e dell’onore della persona.
Nel 2014, l’Avv. Luciano ha assunto le difese di un uomo che avrebbe pronunciato parole ingiuriose nei confronti della moglie accompagnate da termini minatori nei suoi confronti, rendendolo imputabile, secondo l’accusa, dei reati di ingiuria e minaccia grave ai danni della persona offesa.
In sede processuale, a fronte dell’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio, veniva sentita la persona offesa, nonché venivano acquisite sommarie informazioni testimoniali rese da soggetti informati sui fatti assieme alla sentenza di separazione dei coniugi ed a quella di condanna dell’imputato per condotte similari commesse in precedenza ai danni della persona offesa.
L’attività istruttoria del caso in esame si è conclusa nel 2014, quando l’ingiuria poteva inquadrarsi come un illecito criminoso, ai sensi dell’allora art. 594 c.p., punito con la pena della reclusione fino a sei mesi o con la multa fino ad € 516 e, nel caso di ingiuria aggravata, con la pena della reclusione fino ad un anno o la multa fino ad € 1.032.
L’udienza di discussione del processo si è tenuta, invece, nel 2019, quando, a fronte dell’intervento legislativo abrogativo, l’ingiuria non costituiva più illecito penalmente perseguibile.
Per tali ragioni, sia l’accusa che la difesa dell’imputato sostenuta dall’Avv. Luciano, chiedevano la pronuncia di non doversi procedere nei confronti dell’art. 594 c.p., perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
La vittima di un comportamento ingiurioso, a fronte dell’abrogazione dell’art. 594 c.p., non potrà più rivolgersi al Giudice penale per la tutela dei suoi diritti, ma potrà agire in sede civile chiedendo il risarcimento del danno.
Ai sensi dell’art. 3 del suddetto decreto legislativo, infatti, l’ingiuria, se compiuta con dolo obbliga l’autore di siffatto comportamento oltre che alla restituzione ed al risarcimento del danno secondo le leggi civili, anche al pagamento di una sanzione pecuniaria civile.
L’ingiuria può essere quindi inquadrata come una condotta illecita da cui deriva la responsabilità civile del soggetto agente; essa, tuttavia, va slegata da qualsivoglia profilo di responsabilità penale.
Giova precisare come l’ingiuria deve distinguersi dal reato di diffamazione previsto dall’art. 595 c.p., che, differentemente dalla condotta ingiuriosa che viene commessa nei confronti ed in presenza della persona offesa, punisce chi danneggi la reputazione di un soggetto terzo assente, comunicando con più soggetti.
Riconoscere un diritto fondamentale, quale, nel caso di specie, il diritto all’onore, non comporta necessariamente l’obbligo per l’ordinamento di garantirne la tutela attraverso l’instaurazione di sanzioni penali; il legislatore, infatti, nei casi espressamente previsti, è libero di individuare strumenti alternativi altrettanto efficaci in termini di tutela, come il risarcimento del danno in chiave civilistica.
Il Tribunale di Padova, nel luglio 2019, a fronte degli elementi difensivi sostenuti dalla difesa dell’imputato, assolveva, con formula assolutoria piena, l’imputato dal reato a lui ascrittogli ex art. 594 c.p. perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, senza comminare alcun tipo di sanzione pecuniaria. (cfr. Tribunale di Padova, sentenza n. 1745/19).
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