Deposito incontrollato di rifiuti speciali – momento consumativo delle varie ipotesi di illecita gestione del ciclo di rifiuti – natura istantanea o permanente della violazione ai fini della prescrizione del reato
Il momento consumativo del reato relativo al ciclo dei rifiuti varia in funzione della natura dell’attività svolta: mentre la raccolta o il trasporto si consumano nel momento e nel luogo in cui essi hanno avuto luogo, lo smaltimento può essere istantaneo o permanente a seconda che si articoli in diverse fasi e il deposito incontrollato, invece, dando luogo ad una forma di gestione del rifiuto preventiva rispetto al recupero o allo smaltimento perdura fino al compimento di tali attività.
In tal senso si è pronunciata la Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione con una recente sentenza n. 6999/2018, con la quale ha rigettato il ricorso proposto dal legale rappresentante di una ditta di costruzioni avverso la decisione assunta dalla Corte di Appello di Firenze, con la quale era stato condannato alla pena di € 5.000,00= di ammenda per il reato di cui all’art. 256, 2 co. D.lgs. n. 152/2006 (Attività di gestione di rifiuti non autorizzata), per avere depositato in modo incontrollato rifiuti speciali derivanti dall’attività edile esercitata dalla propria azienda, per un quantitativo di circa 3 mila metri cubi, in un’area sita in località Carresi del Comune di Figline e Incisa Valdarno, tra il 2012 e 2013.
Il ricorrente lamentava, in particolare, che il Giudice di secondo grado non aveva correttamente applicato la legge penale, in quanto aveva ritenuto erroneamente che il reato di deposito incontrollato, allo stesso ascritto, avesse natura permanente e non istantanea, e che conseguentemente non si fosse ancora prescritto alla data della pronuncia della sentenza. Evidenziava, altresì, che l’abbandono dei rifiuti era pacificamente avvenuto nel 2009 e, che la contravvenzione di cui all’art. 256 comma 2 del d.lgs n. 152 del 2006 doveva considerarsi un reato istantaneo, caratterizzato dalla volontà dismissiva del soggetto autore dell’abbandono, con la conseguenza che il termine di prescrizione sarebbe dovuto decorrere dall’abbandono, non rilevando che l’imputato, nel 2013, avesse soltanto spostato i rifiuti sulla stessa area, trattandosi questa di ulteriore condotta da qualificarsi quale mero post factum non punibile.
I giudici della Suprema Corte penale osservavano, però, che, secondo quanto accertato in fatto dal giudice del merito, nell’area più sopra citata, erano stati rinvenuti, perché abbandonati dal ricorrente rifiuti speciali derivanti dall’attività di demolizione e costruzione per oltre 3.000 mc., derivanti dall’attività edilizia svolta dall’azienda di cui quest’ultimo è legale rappresentante, in esito a sopralluogo del 05/02/2014, scaturito da segnalazione dei proprietari limitrofi dell’area che avevano ripetutamente segnalato l’accumulo di rifiuti e lo stato di abbandono del luogo. Dall’esame testimoniale era emerso che l’abbandono dei rifiuti era avvenuto nel 2009 e che nonostante numerose sollecitazioni a liberare il terreno dai rifiuti, il ricorrente si era determinato, solo nel 2013, ad accatastarli in una porzione di terreno e, dunque, a spostarli all’interno della stessa area, impegnandosi allo smaltimento, area che, priva di recinzione, era stata ricettacolo di ulteriore deposito di rifiuti da parte di terzi. Sulla base di tale dato fattuale, la Corte d’appello, considerando che i rifiuti erano stati spostati nel 2013, ha ritenuto non prescritta la contravvenzione in oggetto, non essendo decorsi i cinque anni alla data della pronuncia della sentenza del 4 marzo 2016.
Rileva il Collegio che sulla questione, sollevata dal ricorrente, della natura istantanea o permanente della violazione in esame, si rinvengano indirizzi interpretativi non univoci. In tale ambito, il Collegio condivide l’orientamento, di recente assunto, dalla Corte di Cassazione con la sentenza Cusini (Cass. pen. Sez. 3, n. 7386 del 19/11/2014), che, inserendosi nel solco giurisprudenziale secondo cui il momento consumativo del reato relativo al ciclo dei rifiuti varia in funzione della natura dell’attività svolta (cfr. Cass. pen. Sez. 3, n. 30910 del 10/06/2014; Cass. pen. Sez. 3, n. 48489 del 13/11/2013; Cass. pen. Sez. 3, n. 25216 del 26/05/2011), ha affermato che ove la condotta di deposito incontrollato segua al mancato rispetto delle condizioni di legge previste per la rimozione dei rifiuti nei tempi e nei modi prescritti dalla norma, si è in presenza di un reato permanente, perché la condotta riguarda un’ipotesi di deposito “controllabile”, con la conseguenza che l’inosservanza di dette condizioni integra un’omissione a carattere permanente, la cui antigiuridicità cessa sino allo smaltimento o al recupero. Il deposito incontrollato, dando luogo ad una forma di gestione del rifiuto preventiva rispetto al recupero o allo smaltimento, perdura fino al compimento di tali attività, a differenza della raccolta o il trasporto che si consumano nel momento e nel luogo in cui essi hanno avuto luogo e dello smaltimento che può essere istantaneo o permanente a seconda che si articoli in diverse fasi. Dunque, il deposito incontrollato di rifiuti è integrato dal mancato rispetto delle condizioni dettate per la sua qualificazione come temporaneo, ed ha natura permanente, perché la condotta riguarda un’ipotesi di deposito “controllabile” cui segue l’omessa rimozione nei tempi e nei modi previsti dall’art. 183, comma primo, lett. b), D.Lgs. n. 152 del 2006, la cui antigiuridicità cessa con lo smaltimento, il recupero o l’eventuale sequestro.
Quanto alla cessazione della permanenza, momento dal quale inizia a decorrere la prescrizione, deve essere individuata nella cessazione dell’antigiuridicità con il conseguimento della necessaria autorizzazione, ovvero con l’ultimo abusivo conferimento di rifiuti, con un provvedimento cautelare di natura reale, ovvero con la sentenza di primo grado (Cass. pen. Sez. 3, n. 25429 del 01/07/2015, Cass. pen. Sez. 3, n. 38662 del 20/05/2014; Cass. pen. Sez. 3, n. 25216 del 26/05/2011).
In assenza di provvedimento cautelare, di autorizzazione, la decorrenza della prescrizione deve essere individuata nel momento dell’accertamento nel quale è stata constatata la protrazione della situazione antigiuridica per la mancata rimozione dei rifiuti. Ne consegue che la contravvenzione di deposito incontrollato di rifiuti sull’area in questione con impegno al recupero e/o smaltimento, non si era prescritta alla data della pronuncia della sentenza.
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