I principi di diritto delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sull’ambito di operatività del nuovo reato colposo per la morte o lesioni personali in ambito sanitario
Come noto, lo scorso 28 febbraio 2017, la Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge n. 2224 proposto dagli onorevoli Gelli e Bianco, avente ad oggetto “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”.
La riforma, che interviene sia sul fronte civile che su quello penale ed amministrativo, si è posta come obiettivo primario quello di evitare lo spiacevole fenomeno della c.d. “medicina difensiva”, purtroppo ampiamente diffuso tra il personale medico italiano, in quanto diretta conseguenza del considerevole aumento del contenzioso giudiziario in tale settore.
Sotto il profilo penale, la novità più importante del disegno di legge è data dall’introduzione nel nostro codice penale dell’art. 590 sexies c.p., rubricato “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”, secondo cui: “Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto nel secondo comma. Qualora l’evento si è verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”, che ha peraltro abrogato l’art. 3 della previgente Legge Balduzzi 189/2012.
L’infelice formulazione di questa norma ha sollevato, tuttavia, forti dubbi interpretativi all’interno della giurisprudenza, anche di legittimità.
Ciò ha dato luogo ad un contrasto giurisprudenziale, sorto in particolare all’interno della IV Sezione Penale della Suprema Corte (sentenza n. 28187 del 20 aprile 2017, Tarabori e sentenza n. 50078 del 19 ottobre 2017, Cavazza) che le Sezioni Unite hanno recentemente sopito con l’informazione provvisoria n. 31/2017 (Cass., SSUU, sent. 21 dicembre 2017, Pres. Canzio, Rel. Vessichelli, Ric. Mariotti).
In estrema sintesi, premesso che, secondo le Sezioni unite, la nuova causa di esclusione della punibilità non può mai trovare applicazione in nessuna ipotesi colposa connotata da negligenza o imprudenza, andiamo ad analizzare qual è il suo perimetro applicativo nei casi di colpa da imperizia.
Nelle ipotesi di imperizia medica, sia grave che lieve, l’esercente la professione sanitaria non potrà beneficiare della causa di esclusione della punibilità allorché abbia erroneamente individuato le linee guida o le buone pratiche clinico-assistenziali da applicare nel caso concreto.
Parimenti, risponderà per imperizia, sia grave che lieve, nell’ipotesi di errore esecutivo, qualora il caso concreto non sia regolato da linee-guida o buone pratiche.
Invece, risponderà solo per imperizia grave nel caso in cui l’errore nell’esecuzione sia accompagnato dalla corretta scelta e dal rispetto delle linee-guida o, in mancanza, delle buone pratiche, maggiormente adeguate al caso concreto, tenuto conto “del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto medico”.
Queste sono dunque le conclusioni a cui sono pervenute le Sezioni Unite, sancendo così la fine della questione giuridica attinente all’ambito applicativo della previsione di non punibilità prevista dall’art. 590 sexies c.p.
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