In caso di guida in stato di ebbrezza i prelievi ematici senza il consenso della persona interessata sono illegittimi ed inutilizzabili nel processo penale

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Il comma 5 dell’art. 186 del Codice della Strada, che punisce la guida in stato di ebbrezza, prevede che chi provoca un incidente stradale guidando sotto l’influenza dell’alcool possa essere sottoposto al prelievo del sangue per la verifica della quantità di alcool presente nel sangue, anche senza il suo consenso, purché lo stesso venga informato della facoltà di farsi assistere dal proprio legale di fiducia.

Tali accertamenti costituiscono atti di polizia giudiziaria urgenti ed indifferibili, disciplinati ai sensi dell’art. 354 c.p.p., ai quali il difensore può assistere senza che egli abbia però il diritto di essere previamente avvisato (art. 356 c.p.p.).

L’art. 114 disp. att. c.p.p. impone tuttavia alla Polizia Giudiziaria l’obbligo, prima di procedere all’accertamento, di avvisare l’interessato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, se, nel momento in cui tali verifiche vengono richieste, sono già emersi a carico del conducente indizi di reità per una fattispecie di guida in stato di ebbrezza.

È bene tenere a mente che è diritto del soggetto rifiutare il prelievo ematico laddove questo sia finalizzato chiaramente ed unicamente all’accertamento dell’eventuale presenza di sostanze alcoliche nel sangue, trattandosi di un esame invasivo, con violazione dei diritti della persona.

Pertanto, la richiesta effettuata dagli organi di Polizia Giudiziaria al personale sanitario di effettuare l’analisi del tasso alcolemico per via ematica, in presenza di un dissenso espresso dell’interessato, è illegittima e, allorché l’accertamento venga ugualmente effettuato, quest’ultimo sarà del tutto inutilizzabile.

D’altra parte, tuttavia, il rifiuto a sottoporsi agli accertamenti alcolemici può avere delle ripercussioni molto gravi.

Infatti, l’art. 186, comma 7,C.d.S., dispone che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di rifiuto dell’accertamento ematico da parte del conducente, quest’ultimo sarà punito con le pene previste per la fattispecie più grave prevista dal comma 2, lett. c) del medesimo articolo.

Svariate sono tuttavia le situazioni che possono verificarsi nella quotidianità.

Poniamo il caso che un soggetto, alla guida di un’autovettura, venga coinvolto in un sinistro stradale e condotto in ospedale per ricevere le necessarie cure mediche.

Lo stesso generalmente verrà sottoposto ad una serie di esami, tra i quali rientrerà sicuramente anche il prelievo ematico, al fine di verificarne lo stato di salute ed eventualmente scegliere l’adeguata terapia farmacologica.

In questo caso, trattandosi di attività svolta su iniziativa degli operatori sanitari, rivolta esclusivamente alla cura della persona e non rientrante tra gli atti di polizia giudiziaria urgenti ed indifferibili ai sensi dell’art. 356 c.p.p., non sussisterà alcun obbligo di avviso all’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, ai sensi dell’art. 114 disp. Att. c.p.p.

Tuttavia, gli esiti dei prelievi ematochimici potrebbero rilevare la sussistenza di un tasso alcolemico al momento del sinistro superiore a quello consentito dall’art. 186 C.d.S..

In questo caso, tale documentazione, anche se direttamente acquisita dalla Polizia Giudiziaria nel corso delle indagini, sarà successivamente utilizzabile nell’ambito dell’instaurando processo penale, essendo equiparabile ad una vera e propria prova documentale.

La giurisprudenza ha sancito a chiare lettere che “i risultati del prelievo ematico effettuato per le terapie di pronto soccorso successive ad incidente stradale e non preordinato a fini di prova della responsabilità penale, sono utilizzabili per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza senza che rilevi la mancanza di un preventivo consenso dell’interessato” (Cass. pen., Sez. Fer., 25 agosto 2016, n. 52877).

Diversamente, laddove il soggetto non venga sottoposto ad iniziativa dei sanitari ad accertamenti ematochimici e gli stessi vengano invece espressamente richiesti dalla Polizia Giudiziaria al fine di acquisire la prova del reato nei confronti del soggetto già indiziato, scatteranno le garanzie difensive sottese all’avviso di cui all’art. 114 disp. att. c.p.p..

Tale orientamento è stato recentemente confermato dalla Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 4943 del febbraio 2018, che si inserisce nel solco già ampiamente tracciato e condiviso dalla precedente giurisprudenza di legittimità e di merito sul tema.

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