In caso di rifiuto a sottoporsi all’accertamento etilometro non si può applicare l’aggravante dell’avere provocato un sinistro stradale ed è possibile espletare i lavori di pubblica utilità in sostituzione della pena detentiva
Può essere spesso complicato per l’utente della strada comprendere le norme contenute nel Codice della Strada, il quale è stato oggetto di ripetute riforme da parte del Legislatore oltre che di innumerevoli interventi interpretativi della giurisprudenza di legittimità.
Un punto talora oscuro riguarda l’ipotesi, prevista dal comma 7 dell’art. 186 C.d.s, in cui un automobilista rifiuti di sottoporsi all’accertamento etilometrico.
Come noto, il Legislatore in questa caso ha operato un rinvio alle pene principali previste per l’ipotesi più grave di guida in stato di ebbrezza (lett. c), comma 2, art. 186 C.d.s.), così superando l’impasse di non poter procedere all’accertamento dello stato di alterazione e, conseguentemente, alla condanna del soggetto, il quale quindi restava sostanzialmente impunito.
Il legislatore, nel tentativo di raggirare tale ostacolo e di frenare il fenomeno della moltiplicazione degli incidenti stradali, ha optato per una parificazione della sanzione penale prevista per la guida in stato di ebbrezza accertata con quella prevista per la condotta di rifiuto a sottoporsi all’esame alcolemico.
Grazie al comma 9 bis dell’art. 186 C.d.s., tuttavia, le pene detentive e pecuniarie comminate per la guida in stato di ebbrezza possono essere sostituite con i lavori di pubblica utilità, consistenti nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze.
Questa misura, che non può essere concessa più di una volta, se ha esito positivo produce l’effetto premiale di estinguere il reato, di dimezzare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente e di revocare l’eventuale confisca del veicolo sequestrato.
Tuttavia, il comma 9 bis esclude che a tale pena alternativa possa ricorrere chi abbia provocato un sinistro stradale, ossia nell’ipotesi prevista dall’aggravante di cui al comma 2 bis dell’art. 186 C.d.s.
Ma cosa accade se un soggetto rifiuta di sottoporsi all’accertamento etilometrico e si è verificato un sinistro stradale? Potrà egli beneficiare ugualmente dei lavori di pubblica utilità oppure si applicherà l’aggravante di cui al comma 2 bis?
Le Sezioni Unite si sono pronunciate sulla questione con un’importante sentenza (29 ottobre-24 novembre 2015 n. 46624), ricomponendo l’acceso contrasto giurisprudenziale tra chi optava per l’esclusione dell’aggravante e chi, al contrario, riteneva la stessa applicabile anche in caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento alcolimetrico, con la conseguenza di non consentire la sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità.
Secondo le Sezioni Unite la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto all’accertamento della verifica dello stato di ebbrezza, stante la diversità ontologica di tale fattispecie incriminatrice rispetto a quella di guida in stato di ebbrezza.
La Corte sottolinea infatti l’assoluta mancanza di un accertamento dello stato di ebbrezza, che costituisce il presupposto necessario per l’applicazione dell’aggravante in questione, la quale si applica testualmente soltanto al «conducente in stato di ebbrezza».
Ne consegue che anche colui che rifiuta di sottoporsi agli accertamenti potrà beneficiare dei lavori di pubblica utilità, allorché ne sussistano i presupposti.
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