La difesa della vittima del reato di revenge porn

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L’autore del reato vuole esercitare una pressione espressione di una volontà di vendetta nei confronti della vittima per qualche torto subito da quest’ultima.

La condotta punita consiste nella diffusione, cessione, consegna e pubblicazione di immagini o contenuti video a contenuto sessuale esplicito, in assenza del consenso della persona ritratta.

Proprio tale ultima circostanza (l’assenza di consenso) consiste nella condizione necessaria per l’integrazione del reato in questione.

Il fine dell’autore del reato consiste nell’esercitare una forma di pressione, spesso espressione di una volontà di vendetta da parte dell’autore nei confronti della vittima, per qualche torto subito da quest’ultima, ad esempio una infedeltà coniugale, la conclusione di una relazione affettiva, o addirittura un guadagno economico.

Gli strumenti a disposizione della vittima del reato in questione:

  • rivolgersi alle forze dell’ordine e presentare una denuncia orale in seguito alla quale le verrà rilasciato un verbale di ricezione firmato dalle forze dell’ordine e dalla persona offesa;
  • va persona offesa potrà depositare presso la Procura della Repubblica territorialmente competente un atto di denuncia – querela redatto da un avvocato;

Il termine per presentare la querela è di sei mesi consistendo il reato di revenge porn in un reato di allarme sociale tale da richiedere un termine più dilatato rispetto a quello ordinario di tre mesi, anche ai fini del rafforzamento della tutela della vittima mentre la remissione della querela può essere solo di natura processuale.

Si procede, tuttavia, d’ufficio nei casi di cui al quarto comma dell’art. 612 ter c.p., nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

La vittima potrà, in un successivo giudizio e nella fase prevista, depositare un atto di costituzione di parte civile al fine di chiedere un risarcimento dei danni subiti dalla condotta del suo autore.

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