L’abusivo utilizzo dell’immagine di una terza persona sul web, anche se associata ad un nickname di fantasia, può integrare il delitto di sostituzione di persona

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La Suprema Corte, con la sentenza del 23 aprile 2014 n. 25774, torna ad occuparsi della configurabilità del reato di sostituzione di persona ex art. 494 c.p. commesso tramite internet, in particolare affermando che integra il delitto in questione la condotta di colui che crei ed utilizzi un profilo su social network, utilizzando abusivamente l’immagine di una persona del tutto inconsapevole, al fine di comunicare con altri iscritti e di condividere materiale in rete.

Nel caso di specie, l’imputato creava un account  sul sito www.badoo.com utilizzando l’immagine di una terza persona, associata al nominativo “Naty”, inducendo in errore coloro che comunicavano con lui attraverso la “chat”. La difesa ricorreva in Cassazione sostenendo che il dolo specifico richiesto dalla norma dovrebbe escludersi nell’ipotesi di mera pubblicazione di un profilo su internet, non del tutto riferibile alla persona offesa, della quale viene utilizzata solo una fotografia e non anche il nome.

In questi anni la giurisprudenza  ha fatto ricorso a interpretazioni estensive delle tradizionali fattispecie di reato a fronte di nuove forme di aggressione per mezzo di internet dei beni giuridici tutelati, superando i dubbi sulla compatibilità di tale operazione con il  divieto di analogia in malam partem.

Sicché, secondo la Cassazione, integra il reato di sostituzione di persona di cui all’art. 494 c.p., «la condotta di colui che crei ed utilizzi un account di posta elettronica, attribuendosi falsamente le generalità di un diverso soggetto ed inducendo in tal modo in errore gli utenti della rete internet, nei confronti dei quali le false generalità siano declinate e con il fine di arrecare danno al soggetto le cui generalità siano state abusivamente spese».

Allo stesso modo, sussiste il reato di sostituzione di persona nell’ipotesi in cui un soggetto, dopo aver creato ed utilizzato un account di posta elettronica apparentemente intestato allo stesso, abbia allacciato rapporti con utenti della rete, inducendoli in errore circa la natura veritiera delle generalità declinate e con il fine di arrecare danno al soggetto le cui generalità siano state abusivamente spese. Anche l’inserimento del recapito telefonico di una persona ignara in una chat di incontri personali, sebbene associato ad un nickname di fantasia, integra, secondo la Corte, il reato di cui all’art. 494 c.p., qualora l’autore abbia agito al fine di arrecare danno all’inconsapevole persona offesa.

Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno ritenuto la sussistenza del reato in questione, sostenendo che il reato di sostituzione di persona ricorre non solo quando si sostituisce illegittimamente la propria all’altrui persona, ma anche quando si attribuisce ad altri un falso nome o un falso stato ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, dovendosi intendere per “nome” non solo quello di battesimo ma anche tutti i contrassegni di identità, in cui vanno ricompresi anche nickname utilizzati nelle comunicazioni via internet, che assumono lo stesso valore dello pseudonimo  agli effetti della tutela civilistica del diritto alla identità. Questo anche mediante la pubblicazione di un profilo su internet non del tutto riferibile alla persona offesa, ma comunque ad essa ricollegabile tramite una fotografia, qualora la condotta sia finalizzata a conseguire un vantaggio o a recare un danno.

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