Presupposti per il riconoscimento della fattispecie di lieve entità nei reati in materia di sostanze stupefacenti

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La disciplina penale degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope è collocata nel D.P.R. 309 del 1990, la cui norma centrale è l’art. 73, il quale punisce con pene decisamente elevate la condotta di coltivazione, produzione, fabbricazione, estrazione, raffinazione, vendita, offerta, cessione, distribuzione, commercio, trasporto, procacciamento, spedizione e, infine, consegna di sostanze stupefacenti o psicotrope, per qualunque scopo.

Dall’analisi della norma si evince come il legislatore abbia tentato di includervi tutte quelle condotte che, astrattamente, vengono realizzate da coloro che partecipano, sotto diversi profili, al traffico degli stupefacenti.

Sono stati davvero numerosi gli interventi legislativi ed anche giurisprudenziali in materia (basti ricordare la controversa distinzione tra droghe leggere e pesanti, recentemente reintrodotta con la sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014).

Tuttavia, in questa sede si vuole approfondire un’altra questione, ossia quella relativa alla fattispecie di lieve entità, prevista dal comma 5 dell’art. 73.

Il Legislatore, infatti, dapprima per mezzo di una circostanza attenuante e, successivamente, attraverso la previsione di una vera e propria fattispecie autonoma di reato, ha ritenuto opportuno distinguere, sotto il profilo sanzionatorio, le ipotesi che, per i mezzi, le modalità o le circostanze dell’azione, nonché per la qualità o la quantità delle sostanze, sono da considerare di “lieve entità”.

Tutte le condotte indicate all’art. 73, se connotate da minore offensività rispetto al bene giuridico protetto dalla norma (ad esempio per la ridotta capacità di diffusione della droga sul territorio), da valutarsi attraverso i parametri sopra citati, possono esser considerate di lieve entità e, dunque, esser sanzionate meno gravemente.

Le criticità ed i dubbi sorgono, tuttavia, nel passaggio dal piano normativo a quello reale, ossia quando si rende necessario applicare la norma ad una fattispecie concreta e definirne i limiti di applicabilità.

La giurisprudenza è sul punto piuttosto altalenante, anche se, negli ultimi tempi, si è assistito ad un ampliamento dei confini applicativi della fattispecie di lieve entità.

A titolo esemplificativo, si segnala che la continuatività delle condotte o lo svolgimento di attività organizzata, non sono considerate di per sé elementi ostativi alla configurabilità dell’ipotesi minore, così come non sono dirimenti il dato qualitativo e quantitativo della sostanza stupefacente, la suddivisione in dosi o la diversificazione delle sostanze detenute (Cass. Penale Sez. VI, n. 5517/2018).

Un ingente quantitativo di sostanza o la qualità di droga pesante sono certamente elementi significativi, che hanno un’elevata probabilità di incidere in negativo sulla configurabilità della fattispecie di lieve entità.

Tuttavia, anche tali circostanze non devono considerarsi decisive, bensì necessitano di esser corroborate da altri dati, quali, ad esempio, la concreta portata offensiva della condotta, le fonti di approvvigionamento stabili, le relazioni tra il soggetto ed il mercato, l’organizzazione complessa o meno, la presenza di una piazza di spaccio, che devono esser valutati con particolare attenzione dal giudice caso per caso, rifuggendo da ogni automatismo (Cass. Penale, Sez. VI, n. 39374/2017).

La giurisprudenza è giunta addirittura a riconoscere la lieve entità anche nell’ipotesi di reiterazione nel tempo delle attività di spaccio, anche se avente ad oggetto droghe pesanti, posto che a rilevare nel piccolo spaccio è la complessiva minore portata delle attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, la ridotta circolazione di merce e di denaro ed i guadagni limitati. (Cass. Penale, Sez. VI, n. 15642/2015).

Queste caratteristiche possono presentarsi anche in presenza di un certo quantitativo di droghe pesanti, tale da escluderne l’uso personale, ma comunque circoscritto (Tribunale di Larino, sentenza 9 febbraio/9marzo 2017 n. 66, Giudice Dott. Colucci).

È, dunque, di fondamentale importanza saper valorizzare tutti gli elementi specifici del caso concreto che possono consentire al giudicante di apprezzare la minor offensività della condotta, al fine di ricondurla alla fattispecie attenuata e consentire, in presenza dei presupposti richiesti dalla legge, un’eventuale proscioglimento ai sensi dell’art. 131 bis c.p. per la particolare tenuità del fatto.

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