Quando si è vittima di cyberbullismo la migliore arma difensiva è denunciare

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Il cyberbullismo è una forma di oppressione fisica o psicologica esercitata da una o più persone nei confronti di un altro soggetto. Si tratta dunque di una forma di bullismo che utilizza i nuovi mezzi di comunicazione, in grado di far circolare fatti infondati in maniera molto più veloce del bullismo tradizionale, capace di disintegrare l’immagine di una persona che trovatasi sola e con le spalle al muro, non trova altra soluzione che togliersi la vita..

La pubblicazione di immagini o scritti diffamatori in un sito web o sui social network o su una chat di gruppo whatsapp, o la creazione di un sito web a contenuto diffamatorio possono configurare fattispecie perseguibili penalmente. In particolare, possono configurare il reato di diffamazione, perseguibile ai sensi dell’art. 595 c.p, nonché il reato classificato come atti persecutori ex art. 612 bis c.p. Quest’ultima fattispecie, nota anche come stalking, punisce chi, in maniera reiterata, minaccia o molesta qualcuno, causandogli un grave e perdurante stato di ansia o di paura. Le pene sono molto severe e si può arrivare anche a cinque anni di reclusione. Se il colpevole è un minorenne, bisogna distinguere: per chi ha meno di 14 anni esiste una impunità totale ex lege, cioè non si è perseguibili; per chi ha più di 14 anni, invece, le pene sono ridotte. Naturalmente si è anche responsabili civilmente rispetto al risarcimento del danno causato alla vittima.

Secondo i dati raccolti da Skuola.net e l’Osservatorio Nazionale dell’Adolescenza l’8,5% di un campione fatto di 8.000 giovani fra i 14 e i 18 anni residenti in 18 regioni italiane è stato vittima di questa devastante violenza psicologica, definita dalla legge 29/05/2017 n. 71 recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del cyberbullismo” come:

«qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo».

Dalla sopracitata inchiesta, vengono posti in rilievo dati inquietanti, come pensieri suicidi e azioni autolesioniste, senza dimenticare le turbe alimentari che conducono la vittima a isolarsi sempre di più e a perdere fiducia in sé stessa e nella vita.

Si tratta di un dramma quotidiano per migliaia di adolescenti di ambo i sessi, sistematicamente vessati (con una percentuale maggiore per le ragazze), che si presenta molto più pervasivo del bullismo tradizionale, in quanto può contare sull’assenza di barriere geografiche e fisiche, nonché sull’anonimato. Le conseguenze psicologiche che si riscontrano nelle vittime spaziano dalla paura al rifiuto di andare a scuola o di fare sport, all’ansia sociale, fino a gesti estremi.

Proprio questo aspetto, rende comunque il cyberbullismo non solo un problema dei giovani, ma anche di adulti che si possono trovare sommersi da insulti per motivi variabili fra cui: questioni sulle quali dovrebbe vigere la totale privacy, invenzioni create ad arte alfine di danneggiare qualcuno o “un avversario” e per la cattiva o mancata comprensione di alcuni fatti, ingigantiti dalla curiosità umana, dal passaparola e dal possibile o conseguente tam-tam mediatico.

Si tratta di un problema di rilevanza nazionale, in cui haters, degenerati o autentici stalker telematici (anche seriali) costituiscono un pericolo soprattutto per ragazzi/e ma anche adulti di ogni età, spesso incolpevoli, e comunque vittime di una macchina del fango che può determinare in modo esponenziale danni sia a livello personale che sociale, disintegrando delle esistenze.

Se si vuole porre un argine a tutto ciò, visto che si tratta di una situazione che può coinvolgere tutti indistintamente (persone care o sconosciuti), in determinati casi denunciare e chiedere giustizia diventa un dovere.

Nel caso di reati commessi attraverso l’utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione, ci si deve rivolgere alla Polizia Postale. Lo si può fare a partire dal sito istituzionale o presso le sedi territoriali. A seguito di segnalazione o denuncia, la Polizia Postale interviene riuscendo, nella maggior parte dei casi, a risalire al dispositivo dal quale il reato è stato commesso e di conseguenza identificandone l’autore.

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